Trieste porta sfiga? Dai misteri di San Giovanni al caso Resinovich: quando la realtà supera le leggende
Trieste, città di confine tra mondi culturali diversi, con i suoi caffè letterari e l’imponente architettura asburgica, nasconde un lato oscuro che alimenta leggende metropolitane e narrazioni inquietanti. Il recente sviluppo del caso Liliana Resinovich – con il marito Sebastiano Visintin indagato per omicidio a tre anni dal ritrovamento del corpo – ha riacceso l’attenzione su quei luoghi della città che sembrano catalizzare storie enigmatiche, rafforzando quella che i triestini, con ironica scaramanzia, chiamano la “maledizione di Trieste”.
Vi conduciamo in un viaggio tra realtà e folclore urbano, esplorando spazi emblematici che intrecciano il loro destino con la cronaca nera locale. Un percorso che potrebbe farvi vedere la perla dell’Adriatico sotto una prospettiva completamente diversa, dove geografia culturale e narrazioni popolari si intersecano con eventi tragici e irrisolti.
Il parco di San Giovanni: dall’ex ospedale psichiatrico al caso Resinovich
Il parco di San Giovanni incarna perfettamente il concetto freudiano del perturbante: qualcosa di familiare che diventa inquietante. Tra vialetti alberati ed edifici dall’eleganza decadente sorgeva il principale manicomio cittadino, chiuso negli anni ’70 dopo la rivoluzionaria riforma Basaglia che trasformò radicalmente l’assistenza psichiatrica italiana.
Proprio in questo parco, carico di memoria e dolore, il 5 gennaio 2022 venne ritrovato il corpo di Liliana Resinovich, chiuso in due sacchi neri. Le indagini medico-legali coordinate dall’antropologa forense Cristina Cattaneo hanno rivelato elementi incompatibili con l’ipotesi del suicidio, incluse tracce di colluttazione e segni di asfissia meccanica. Un tragico epilogo che sembra quasi predestinato ad un luogo già segnato da storie di sofferenza.
Piazzale Gioberti: l’ultimo passaggio di Liliana e la trasformazione simbolica dello spazio urbano
Piazzale Gioberti rappresenta un altro punto nevralgico nella geografia del caso Resinovich. Questo spazio urbano ordinario è diventato tristemente celebre per essere stato l’ultimo luogo in cui Liliana è stata avvistata, immortalata dalle telecamere di sorveglianza la mattina della sua scomparsa, come documentato nei rapporti investigativi.
Da quel momento, quest’area apparentemente anonima ha acquisito una dimensione quasi simbolica nell’immaginario collettivo locale. Gli esperti di psicologia sociale spiegano che determinati luoghi urbani possono trasformarsi in potenti simboli a seguito di eventi traumatici, assumendo significati che trascendono la loro funzione pratica e diventando parte integrante della narrazione cittadina.
La dimensione digitale delle leggende urbane triestine
Se un tempo le leggende metropolitane si diffondevano attraverso il passaparola, oggi trovano nei social media un amplificatore straordinario. Dopo il ritrovamento del corpo di Liliana, narrazioni alternative hanno iniziato a circolare sulle piattaforme social locali, mescolando elementi dell’indagine con suggestioni quasi soprannaturali.
Gli studiosi di comunicazione digitale evidenziano come, nei casi di cronaca nera irrisolta o particolarmente enigmatica, emergano frequentemente narrazioni parallele che tentano di colmare i vuoti informativi con elementi di folklore urbano contemporaneo. È un fenomeno che risponde al bisogno umano fondamentale di dare un senso agli eventi traumatici, specialmente quando i fatti concreti non offrono risposte immediate.
Secondo gli psicologi che studiano questi fenomeni, queste narrazioni rappresentano un tentativo collettivo di elaborazione del trauma: la comunità, scioccata da eventi violenti, crea racconti paralleli che permettono di incanalare l’angoscia in forme culturalmente accettabili, come il racconto fantastico o la leggenda urbana.
Il fenomeno oltre Trieste: luoghi di trauma e memoria collettiva
Questa trasformazione di luoghi tragici in centri di narrazioni inquietanti non è esclusivamente triestina. Negli Stati Uniti, il Trans-Allegheny Lunatic Asylum in West Virginia offre un parallelo interessante: un ex ospedale psichiatrico costruito a metà ‘800 e chiuso negli anni ’90, ora divenuto attrattiva turistica che offre tour storici diurni e “ghost tour” notturni.
La principale differenza con San Giovanni risiede nell’approccio: gli americani hanno trasformato questa ossessione per il macabro in un business redditizio, convertendo parzialmente la struttura in hotel dove gli ospiti possono dormire nelle ex camere dei pazienti, pagando un extra per quelle considerate “più infestate”.
Gli antropologi culturali osservano come diverse società abbiano approcci distinti alla memorializzazione dei luoghi traumatici: alcune tendono a commercializzare il trauma storico, mentre altre mantengono un rapporto più complesso con la memoria collettiva, meno orientato alla spettacolarizzazione commerciale e più attento alla dimensione storica e culturale.
Responsabilità narrativa: tra diritto di cronaca e rispetto delle vittime
Le leggende urbane possono apparire come innocui passatempi narrativi, ma il confine tra narrazione folkloristica e comportamenti problematici è spesso sottile. Il caso Resinovich ha generato un intenso dibattito sulla responsabilità dei media e delle piattaforme digitali nella diffusione di informazioni non verificate.
Esperti di etica dell’informazione sottolineano l’importanza di un approccio rigoroso nella copertura di casi di cronaca nera, specialmente quando coinvolgono vittime e famiglie in lutto. La spettacolarizzazione può non solo ostacolare le indagini, ma anche causare ulteriore sofferenza ai soggetti coinvolti, trasformando il dolore privato in intrattenimento pubblico.
L’ordine dei giornalisti ha più volte evidenziato la necessità di distinguere tra il legittimo diritto di cronaca e la narrazione sensazionalistica, mantenendo sempre il rispetto per la dignità delle persone coinvolte e per la verità fattuale, specialmente in casi complessi e delicati come quello di Liliana.
Il caso Resinovich: complessità investigativa e fascino mediatico
Le narrazioni folkloristiche impallidiscono di fronte alla cruda realtà del caso che le ha in parte alimentate. La vicenda di Liliana Resinovich, 63enne scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022, continua a tenere Trieste col fiato sospeso, dimostrando come talvolta la realtà superi qualsiasi leggenda in complessità e drammaticità.
La recente iscrizione nel registro degli indagati del marito Sebastiano Visintin, avvenuta a tre anni dal delitto, segna una svolta significativa. Secondo quanto emerso, nuove perizie forensi e l’analisi del contenuto del cellulare della vittima avrebbero fornito elementi tali da giustificare questo passo investigativo, alla luce degli articoli 575 e 577 del codice penale.
Visintin, attualmente in Austria, ha dichiarato di non essere preoccupato, mentre Claudio Sterpin, l’uomo che si era dichiarato amante di Liliana, continua a sostenere la sua versione dei fatti, aggiungendo dettagli potenzialmente rilevanti alla luce delle nuove accuse. Gli esperti di psicologia forense osservano che i casi irrisolti creano inevitabilmente un vuoto narrativo che la comunità tende a colmare con spiegazioni alternative, alcune delle quali scivolano nel sovrannaturale o nel complottismo.
Trieste e il suo rapporto con l’inquietante: una questione di geografia culturale
La particolare predisposizione di Trieste verso narrazioni di confine tra reale e fantastico affonda le radici nella peculiare geografia fisica e culturale della città. Situata in una posizione liminale, sospesa tra mondo latino, germanico e slavo, Trieste ha sempre intrattenuto una relazione particolare con l’ignoto e l’inquietante, tanto da affascinare scrittori come James Joyce, Italo Svevo e Claudio Magris, che ne hanno colto l’essenza di “città-soglia”.
Gli studiosi di letteratura e storia locale evidenziano come il carattere di frontiera di Trieste la renda particolarmente ricettiva a narrazioni che abitano i confini tra realtà e immaginazione. È una città che naturalmente si presta a diventare scenario di storie gotiche e perturbanti, come dimostrano le numerose opere letterarie ambientate nei suoi spazi urbani, che spesso esplorano temi legati all’identità, all’appartenenza e al mistero.
Questo non significa, naturalmente, che Trieste sia effettivamente “maledetta” o più pericolosa di altre città italiane. I dati ufficiali sulla criminalità la collocano nella media nazionale, smentendo qualsiasi correlazione tra il suo fascino letterario e una reale incidenza di eventi drammatici. La sua aura misteriosa appartiene più alla dimensione culturale che a quella criminologica.
Tra narrazione collettiva e ricerca della verità: il rispetto come bussola
Le leggende urbane triestine offrono un affascinante caso di studio su come le comunità elaborino collettivamente eventi traumatici attraverso la narrazione condivisa. Tuttavia, è fondamentale mantenere un equilibrio tra l’interesse culturale per questi fenomeni e il rispetto per le vittime reali e le loro famiglie.
Nel caso di Liliana Resinovich, dietro alla dimensione quasi mitologica che la sua scomparsa ha assunto nell’immaginario collettivo, c’è una donna reale, con una vita, degli affetti e una dignità che merita di essere preservata al di là di qualsiasi narrazione sensazionalistica.
- Come cittadini e consumatori di informazione, abbiamo la responsabilità di distinguere tra il legittimo interesse per il mistero e la spettacolarizzazione del dolore altrui
- È necessario un approccio multidisciplinare che coinvolga forze dell’ordine, comunità scientifica e professionisti dell’informazione
- Le tragedie reali meritano di essere trattate con il rispetto dovuto alla verità e alla memoria di chi non c’è più
Forse, il vero mistero di Trieste non risiede nei suoi presunti fantasmi o nelle sue leggende macabre, ma nella straordinaria capacità di questa città di frontiera di trasformare anche il dolore in poesia, di far convivere realtà diverse e talvolta contrastanti, e di essere al contempo familiare e straniante, proprio come le storie che ospita e che continua a generare.
Mentre le indagini sul caso Resinovich proseguono e la città attende risposte, Trieste continua a tessere il suo complesso intreccio di storie, memorie e leggende, rimanendo fedele alla sua natura di città di confine, non solo geografico ma anche narrativo, tra ciò che conosciamo e ciò che rimane avvolto nel mistero.
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