“Mamma, ho votato al referendum sulla giustizia grazie a TikTok”: il nuovo potere dei giovani che sta cambiando l’Italia

La Gen Z ridefinisce il dibattito referendario: quando i social diventano l’agorà digitale

La partecipazione democratica sta vivendo una trasformazione radicale attraverso l’uso strategico di piattaforme come TikTok, dove contenuti creativi e linguaggi informali stanno coinvolgendo attivamente la Generazione Z in temi costituzionali. L’esempio più emblematico è la campagna per il referendum sulla cittadinanza promosso da Riccardo Magi di +Europa, che ha raggiunto 2,5 milioni di potenziali beneficiari e mobilitato creator come Zerocalcare e Ghali attraverso video virali. Contrariamente allo stereotipo del disinteresse giovanile, il 51% degli under 20 utilizza attivamente i social media per informarsi su temi politici, secondo i dati dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo.

Il nuovo linguaggio dell’attivismo digitale giovanile

L’approccio comunicativo della Generazione Z combina ironia e riferimenti alla cultura pop per decostruire temi complessi. Durante la campagna per il referendum sulla cittadinanza, video con bambini nati in Italia che dichiarano “Io sono italiano, ma lo Stato non lo sa” hanno generato un engagement dieci volte superiore rispetto ai tradizionali comizi. Questo metodo si basa su un principio preciso: tradurre i contenuti istituzionali in formati accessibili, sfruttando la logica algoritmica delle piattaforme. La ricerca IPSOS evidenzia come il 36% dei giovani commenti regolarmente post politici, dimostrando un ruolo attivo nella disseminazione delle informazioni.

Il referendum sulla cittadinanza: un caso emblematico di mobilitazione digitale

La mobilitazione online per la modifica dell’articolo 9 della legge sulla cittadinanza rappresenta un paradigma innovativo. I sostenitori hanno utilizzato TikTok per spiegare l’impatto concreto della proposta: ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza necessario, con argomentazioni visuali che mostravano linee temporali comparate a trailer cinematografici. Questo approccio ha superato la tradizionale dicotomia tra informazioni vere/false, focalizzandosi invece sull’efficacia comunicativa. Come sottolinea Rosy Russo di Parole O_Stili, “i giovani si trovano spesso soli nel decifrare la complessità digitale, sviluppando autonomamente nuovi codici interpretativi”.

Le nuove fonti d’informazione della Gen Z: sfide per la democrazia

L’analisi dei flussi informativi rivela che il 64% degli studenti del biennio (14-15 anni) utilizza i social come fonte primaria di notizie, superando i media tradizionali. Questo fenomeno ha costretto i comitati referendari a costituire team dedicati alla creazione di contenuti nativi per TikTok, con un investimento del 300% superiore rispetto alle campagne del 2020. Tuttavia, la ricerca avverte: solo 1 giovane su 3 verifica sistematicamente le fonti delle informazioni condivise, evidenziando rischi di diffusione involontaria di fake news.

Il modello francese e l’educazione civica digitale

L’esperienza italiana si inserisce in un contesto europeo più ampio. In Francia, il dibattito sulle AOP (Denominazioni di Origine Protetta) ha visto cittadini utilizzare meme e challenge online per spiegare le implicazioni giuridiche delle protezioni alimentari, come dimostrato dalla battaglia legale sulla raie noire del formaggio Morbier. Questi casi dimostrano come i giovani stiano ridefinendo il concetto di educazione civica digitale, trasformando piattaforme nate per l’intrattenimento in strumenti di deliberazione collettiva.

I numeri dell’attivismo digitale giovanile

I dati dell’Osservatorio Giovani rivelano che il 28% degli under 20 ha partecipato ad almeno un’azione di attivismo digitale nell’ultimo anno, con picchi del 41% tra gli studenti delle aree metropolitane. Parallelamente, l’analisi linguistica dei contenuti mostra un incremento del 70% nell’uso di metafore giuridiche (es. “processo alla burocrazia”) rispetto al 2023. Questo fenomeno non è privo di rischi: il 25% dei giovani ammette di aver condiviso involontariamente fake news, sottolineando la necessità di integrare i formati virali con meccanismi di fact-checking in tempo reale.

Costruire ponti generazionali attraverso nuovi linguaggi politici

Ciò che potrebbe sembrare una banalizzazione dei temi politici sta in realtà ottenendo risultati concreti. Riccardo Magi, deputato di +Europa, ha compreso il potenziale di questo nuovo linguaggio per promuovere il referendum sulla cittadinanza, ottenendo un engagement significativo proprio nella fascia d’età 18-25 anni, tradizionalmente la più difficile da raggiungere con messaggi politici.

“La politica deve imparare a parlare il linguaggio dei giovani, non pretendere che siano i giovani ad adattarsi al nostro,” ha dichiarato Magi in diverse occasioni pubbliche. “I social non sono solo un megafono, sono un nuovo spazio pubblico con regole e codici propri.”

La semplificazione creativa: il “processo” come format comunicativo

Un elemento particolarmente interessante di questo fenomeno è come l’utilizzo della parodia stia diventando uno strumento efficace per la comprensione di temi complessi. Il format del “processo”, ampiamente utilizzato nei video virali, è particolarmente efficace perché semplifica questioni complesse in una narrativa familiare: accusa, difesa, sentenza.

Questi video, che riproducono ambientazioni da tribunale con un tocco ironico, permettono di affrontare tematiche come i diritti di cittadinanza, le riforme del lavoro o le questioni ambientali attraverso un linguaggio accessibile e memorabile.

Opportunità e rischi della comunicazione politica sui social

Questa trasformazione comunicativa porta con sé sfide significative. La semplificazione eccessiva può banalizzare temi complessi, e l’ironia può talvolta sminuire la serietà di questioni fondamentali per la democrazia. Secondo l’Osservatorio Giovani, il 25% dei giovani utenti ha condiviso almeno una volta contenuti rivelatisi successivamente falsi, spesso perché attratti dal formato accattivante piuttosto che dalla verifica delle fonti.

  • Il 51% degli under 20 utilizza i social per informarsi su temi politici
  • Il 28% ha partecipato ad almeno un’azione di attivismo digitale nell’ultimo anno
  • Solo 1 giovane su 3 verifica sistematicamente le fonti delle informazioni condivise
  • I comitati referendari hanno aumentato del 300% gli investimenti in contenuti nativi per TikTok

Il futuro della partecipazione referendaria nell’era digitale

L’esperienza del referendum sulla cittadinanza dimostra che l’efficacia comunicativa non si misura in semplici metriche di engagement, ma nella capacità di generare consapevolezza costituzionale. Come evidenziato dall’evento “GenZ, The News, And The World” organizzato dall’Ambasciata Italiana a Washington, le nuove generazioni richiedono un dialogo bidirezionale che riconosca il loro ruolo di stakeholder nelle politiche pubbliche.

La sfida per i prossimi referendum, inclusi quelli su lavoro e cittadinanza previsti per l’8 e 9 giugno 2025, consisterà nel bilanciare innovazione e rigore metodologico, trasformando i social media da semplici megafoni a veri e propri laboratori di democrazia deliberativa. Come dimostra il caso Morbier, dove la protezione di un elemento visivo ha richiesto un decennio di battaglie legali, l’evoluzione digitale della partecipazione civica necessita di framework giuridici aggiornati e collaborazione transgenerazionale.

Mentre i comitati promotori intensificano la loro campagna in vista delle consultazioni, una cosa appare chiara: il modo di comunicare i temi referendari è cambiato per sempre. La Generazione Z ha già dimostrato che il dibattito referendario può e deve essere accessibile, coinvolgente e, perché no, anche divertente. Chi non lo comprenderà, rischia di parlare a una platea vuota.

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